Un Anello per domarli,
un Anello per trovarli,
un Anello per ghermirli
e nel buio incatenarli.
Il Signore degli Anelli, di J. R. R. Tolkien, è una delle storie fiabesche più incantevoli e straordinarie che mai siano state scritte. Pubblicata per la prima volta negli anni Cinquanta questa celeberrima trilogia sembra quasi arrivare direttamente dalle profondità oscure del Medioevo, ricca com'è di riferimenti e atmosfere così vicini alle antiche tradizioni del Graal e dell'Anello. Tolkien (professore dì anglosassone e inglese a Oxford) ha scritto un vero capolavoro perché oltre a possedere una conoscenza straordinaria del tempo antico è riuscito in modo mirabile a plasmare una storia perfettamente coerente e in sintonia. Il risultato è un libro unico, giustamente una delle più conclamate opere pubblicate nel XX secolo.
La Ricerca dell'Anello vanta una storia che sì spìnge indietro nelle nebbie del tempo, ancor prima delle Piramidi e di Babilonia. Si è lasciata dietro l'era delle divinità pagane, ha visto la nascita di Buddha, Cristo e Maometto e, in modo pressoché prodigioso, la sua tradizione e le sue allegorie sono transitate intatte attraverso il tempo fino a noi, echeggiando immagini di un passato lontano. Per di più, a dispetto di molti secondi indottrinamento religioso e politico teso a cancellare ogni traccia della Ricerca, le sue illuminanti verità sono egualmente riuscite a mettere radici nella nostra memoria collettiva. Per questo, fra realtà e fantasia, l'antica tradizione continua a mantenersi attuale anche ai nostri giorni possedendo nella sua interiorità più profonda, come avremo modo di vedere, una verità morale eterna.
Considerando la storia della Ricerca dell'Anello, le immediate associazioni che la legano a quella parallela del Graal vengono subito in evidenza, cosi come le tradizioni del folklore del "piccolo popolo", quello di fate, elfi, folletti, spiriti, gnomi e coboldi. La tradizione dell'Anello o anche profondamente radicata in molte fra le più belle e conosciute fiabe care ai fanciulli, costituendo uno dei temi portanti che sottendono le gesta di eroi Icggendari e popolari tanto amati dai piccoli.
Solitamente le storie relative al Graal sono associate ai cavalieri di re Artù, sperduti nella Terra Desolata alla ricerca del sacro calice. Ma se si scruta con attenzione, il genere ha inglobato in sé molte altre ricerche, facendo propri personaggi notissimi come Cenerentola, Robìn Hood, la Bella Addormentata e il Conte Dracula. Sebbene ciascun racconto nasconda e trattenga un suo proprio, affascinante mistero, raramente si arriva a riconoscere che in tutti quanti esiste una matrice unica, una scaturigine comune che affonda le sue radici più intime nell'ancestrale cultura dei Signori degli Anelli. Anche se alcune fra queste narrazioni trovano la loro origine in tradizioni antichissime, la gran parte di esse è stata come rivista e revisionata a partire dall'Evo Buio, da quando cioè la Chiesa incominciò a contrastare con tutte le sue energie la tradizione dell'Anello. Questo accanimento trovò particolare tensione nei tempi medievali all'epoca della terribile persecuzione degli eretici, processo che portò alla nascita dell'Inquisizione a partire dal XIII secolo.
Sin dall'epoca dei Sumeri e degli Sciti, vale a dire almeno 5000 anni or sono, il perenne simbolo dei Signori degli Anelli era per l'appunto l'Anello, rappresentazione del tutto, di unità e eternità, sovente identificato nell'uroboro, il mitico serpente che sì morde la coda. Con una croce attaccata che punta verso il basso, l'Anello diventa il simbolo di Venere e della femminilità; applicata invece al di sopra si trasforma nel mascolino orbe, segno di regale potere. Una croce collocata nel mezzo lo fa emblema diretto dello stesso Santo Graal, identificato nella Rosi-crucis, la Coppa della Rugiada o delle Acque. A questo punto, come lo stesso professor Tolkien conferma, grazie ancora all'opera del poeta Lord Alfred Tennyson e del grande compositore tedesco Richard Wagner, gli ultimi passaggi si compiono e il Graal e l'Anello si ritrovano accomunati fra loro in modo stretto, assumendo a volte persine valore di sinonimi.
Sì ha traccia della Rosi-crucis sin dal 3500 a.C. in Mesopotamia, un simbolo diventato nel tempo il più evidente richiamo al Sangréal (il Sangue Regale o Santo Graal) per tutti i suoi adepti poi divenuti i Rosacroce. Sebbene spacciato per antica tradizione dalla Chiesa come il Marchio di Caino, in verità questo emblema rappresenta il più originale e arcaico segno di sovranità che si conosca. In Mesopotamia e in Egitto, i sovrani delle prime antiche dinastie erano detti Dragoni, perché unti con il sacro grasso del Mùs-hùs o Messeti, un essere animale che fungeva da potente guardiano. Da questo nome deriva la parola ebraica MSSH, che ha dato a sua volta origine al verbo mashiach, che significa appunto ungere. Per questo i sovrani venivano chiamati Messia (Meschiachs: gli Unti). In gaelico i Re dei Re erano noti come Pendagroni (Testa del Driago) e, sin dall notte dei tempi, erano anche i Signori dell'Anello, per via degli anelli di potere che simboleggiavano in loro la giustizia ispirata dal divino.
Sebbene la linea del sangue messianico del Sangréal si ritenga discenda da Gesù e dalla sua famiglia, si deve dire che storicamente la dinastia del Graal si avviò almeno 3000 anni prima del tempo dei Vangeli. Come emblema ereditario, il simbolo della Rosi-crucis rappresentava la linea dinastica matriarcale della successione messianica, indicata con l'immagine del calice, il vasuterine (del grembo) della Regina del Graal. Il Dragone, come emblema della saggezza, era l'epitome dello Spirito di Dio che aleggiava sulle acque del tempo, mentre il Graal era il segno della perpetuazione del sangue. Dapprincipio chiamato Graal nella antica Mesopotamia, il sangue materno della Rosi-crucis era anche detto "nettare della suprema eccellenza", quello stesso che i Greci chiamavano ambrosia.